Nel 2021 aumenti di prezzi record hanno caratterizzato la quasi totalità delle materie prime agroindustriali. La domanda globale, in forte ripresa, si è infatti andata a scontrare con un’offerta non adeguata perché ancora rallentata dalla pandemia e da fenomeni meteo avversi in importanti aree di produzione ed esportazione.
L’indice annuale FAO dei prezzi alimentari, rispetto al 2020, è aumentato di circa il 30% raggiungendo i massimi dal 2012.
Parte dei rincari sono anche riconducibili agli effetti spillover, cioè alla trasmissione di squilibri da parte di altri mercati. A spiccare sono in particolare le tensioni trasmesse alle materie prime agroindustriali dai mercati energetici. Le quotazioni del petrolio, rispetto al 2020, sono aumentate di circa il 70%, raggiungendo i massimi dal 2014. Ancora più evidenti gli aumenti del gas naturale, con prezzi record più che raddoppiati in meno di un anno e un conseguente aumento dei costi del carbone e dell’elettricità. L’aumento dei prezzi degli energetici ha reso più onerosi gli scambi, già messi a dura prova dalla carenza di navi e container e dal blocco di molti porti per la diffusione della pandemia. Inoltre, prezzi del petrolio elevati hanno favorito la conversione di cereali e zucchero in etanolo e delle oleaginose in biodiesel aumentando ulteriormente la domanda. Infine, carburanti ed elettricità rappresentano una delle componenti principali dei costi di produzione di molte materie prime agroindustriali, impattandone i livelli di offerta e i prezzi.
Questa congiuntura ha determinato quella che è stata definita la tempesta perfetta, un contesto ideale per gli speculatori. Non si tratta di una bolla, i fondamentali giustificano in gran parte i livelli di prezzo raggiunti, ma speculazione e ritenzione dell’offerta hanno dato un contributo importante in termini di volatilità.
Per quanto concerne cerali e soia, a dare inizio ai rialzi, già nella seconda metà del 2020, è stata la ripartenza della domanda cinese. USDA (Dipartimento dell’Agricoltura USA) mostra come, nella campagna 20/21, gli USA abbiano esportato un record di circa 70 Mio t di mais e 62 Mio t di soia, rispettivamente +60% e +35% rispetto alla campagna 19/20. La produzione, anche per fenomeni meteo sfavorevoli, non ha tenuto il passo della domanda e a farne le spese sono state le scorte, che hanno raggiunto livelli minimi pluriennali. L’offerta ha trovato un po’ di sollievo con le positive e recenti produzioni 21/22 dell’emisfero nord; tuttavia le scorte rimangono limitate, e oggi il mercato è già concentrato sui potenziali effetti negativi della carenza dei fertilizzanti e degli alti costi produttivi sulle semine e sugli sviluppi del raccolto 2022. I prezzi finanziari americani di mais e soia a Chicago, da agosto 2020 sono raddoppiati, raggiungendo, a maggio 2021, i massimi dal 2012. Prezzi in forte rialzo anche a livello nazionale; a Bologna picchi vicini ai 700 €/t per la soia e ai 300 €/t per il mais, rispetto a prezzi di fine 2020 rispettivamente di circa 370 €/t e 190 €/t.
Un livello di scorte più elevato ha fatto sì che i prezzi del frumento abbiano retto meglio l’urto della ripartenza della domanda, almeno fino al secondo semestre del 2021 quando la siccità estrema ha compromesso parte del raccolto in due delle principali aree di esportazione. Secondo i dati USDA -10% in USA e -13% in Russia rispetto alla scorsa campagna. Negli USA il raccolto di grano primaverile si è rivelato addirittura essere il più basso dal 2002. Il frumento quotato a Chicago tra giugno e dicembre ha così registrato rincari di oltre l’80%; il numero 3 a Bologna ha raggiunto addirittura quotazioni record superiori ai 330 €/t, rispetto a prezzi di inizio anno a circa 215 €/t.
La siccità in Nord America ha impattato negativamente anche le produzioni di colza, trasmettendo nuovi rialzi a tutto il comparto di semi e oli vegetali, già scosso dalla ripartenza della domanda asiatica e indiana, dalla carenza di mano d’opera in Malesia e da politiche di restrizione all’export, come quelle russe sul seme di girasole. L’indice FAO dei prezzi degli oli da maggio 2020 è aumentato di oltre il 130% raggiungendo un record.
Cereali e oleaginose sono tra le materie prime più coinvolte dalle ripercussioni della congiuntura rialzista, che ha travolto, la quasi totalità dei beni (non solo agro), portando a un’inflazione generalizzata.
Da questo punto di vista, per l’evoluzione dei prezzi nel 2022, saranno determinanti non solo le dinamiche e gli sviluppi di domanda e offerta, ma anche l’evoluzione del contesto macroeconomico e delle politiche monetarie.
Filippo Roda – Areté