rubrica settimanale di agricoltura,
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Quali api in Emilia Romagna? I risultati di una ricerca Unibo

ape italiana

Alessandra Giovannini

Ape ligustica, carnica, africana ma anche ape nera europea. Sono queste le popolazioni di ape da miele presenti sul territorio emiliano-romagnolo. A rivelarlo è la prima indagine sulla diversità genetica condotta dall’Animal and Food Genomics Group, un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna. 

I risultati, che derivano dall’analisi del Dna mitocondriale, pubblicati su Scientific Reports, mostrano che la più diffusa è l’ape ligustica, la tipica ape italiana, ma c’è anche una percentuale significativa di ape carnica, originaria della Slovenia, e ci sono tracce di ape africana e di ape nera europea. “Grazie a un’attività di campionamento che ha riguardato più di 1.200 colonie – spiega Luca Fontanesi, professore al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna che ha coordinato l’indagine -, con la collaborazione di tutte le associazioni apistiche della regione, siamo riusciti a realizzare il più ampio studio di questo tipo in Italia e probabilmente quello con la più alta densità di campionamento a livello mondiale. I risultati mostrano una prevalenza del Dna mitocondriale caratteristico dell’ape ligustica, sottospecie autoctona di grande importanza per l’apicoltura, ma è interessante prestare attenzione alla diffusione di altri tipi di Dna mitocondriale derivanti da sottospecie non native del territorio italiano. La loro presenza è un indicatore del fatto che altre sottospecie, o linee genetiche non autoctone, sono state introdotte in regione e che sono possibili fenomeni di ibridazione con eventuale perdita dell’integrità genetica dell’ape ligustica”.

L’ape ligustica, nota anche come ape italiana, è conosciuta e apprezzata per una serie di caratteristiche che la rendono estremamente favorevole per l’apicoltura, tra cui l’estrema docilità, l’elevata produttività, la resistenza alle malattie e la sua grande adattabilità a climi diversi. Proprio per assicurarne la conservazione, l’Emilia Romagna ha introdotto nel 2019 una legge regionale che prevede tra l’altro il divieto di utilizzare sottospecie diverse da ligustica, oltre all’istituzione di aree di conservazione intorno agli apiari destinati all’allevamento, riproduzione e fecondazione del materiale apistico selezionato. Per iniziare a monitorare gli effetti di questa iniziativa, gli studiosi hanno quindi realizzato un’ampia analisi del Dna mitocondriale delle popolazioni di api presenti in Emilia Romagna e sono riusciti così a costruire una mappa della distribuzione degli aplotipi mitocondriali di ape sul territorio regionale.

“La diffusione relativamente alta degli aplotipi dell’ape carnica, fino ad oggi documentata in Italia solo nelle zone di confine con Austria e Slovenia – spiega Fontanesi -, suggerisce che questa sottospecie sia stata introdotta in modo estensivo in Emilia Romagna, forse a causa della sua forte adattabilità alle aree montuose come quelle dell’Appennino. È importante vigilare su questo fenomeno, così come sulla possibile introduzione degli aplotipi di origine africana, per salvaguardare la sottospecie ligustica da fenomeni di erosione genetica: è un impegno che richiede una forte attenzione da parte del settore apistico coadiuvato dal settore pubblico”. 

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